iOS15: incubo o opportunità per i digital marketer?

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Nel giugno scorso si è aperto un altro capitolo nella battaglia tra le Big Tech per la tutela della privacy dei propri clienti. Ne consegue un necessario ripensamento delle strategie di direct marketing e soprattutto di scelta dei KPI e degli obiettivi delle singole campagne. Ma è un incubo per i marketer o l’opportunità per dar vita a campagne di valore? Scopriamolo insieme nelle prossime righe.

Publicato il 26 gennaio 2023

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Negli ultimi mesi la tutela della privacy sulla rete sta rivoluzionando il mercato della comunicazione digitale. Le scelte di mercato delle Big Tech come Apple e Google sono state annunciate come azioni a tutela dei 3 miliardi di navigatori nel mondo ma, probabilmente, potrebbero essere il riflesso di una guerra commerciale in corso tra le Big Tech per il predominio del miliardario mercato della pubblicità digitale. 

In qualunque caso il risultato finale per gli utenti sarà un’esperienza di navigazione sempre più “riservata” e per i comunicatori la necessità di trovare nuove vie e forme di comunicazione digitale per raggiungere il proprio pubblico. Tutto è cominciato con l’Internet Cookiesless di Google di cui abbiamo già parlato in questo post ma di cui cominceremo a vedere gli effetti solo dal 2023. Sono seguite le restrizioni introdotte dal iOS14.5 sulla possibilità per le App di tracciare i comportamenti degli utenti, annunciando al contempo il rilascio del nuovo Mail Privacy Protection contestualmente al rilascio del nuovo sistema operativo iOS15.

Quali sono le novità sulla Privacy introdotte dal nuovo Sistema Operativo Apple? 

  • Il nuovo Mail Privacy Policy è già disponibile gratuitamente per tutti gli utenti iOS ma deve essere dagli stessi attivata.
  • Il blocco diventerà più stringente e riguarderà anche il tracciamento dei messaggi di posta elettronica attraverso l'offuscamento dell’indirizzo IP rendendolo, di fatto, privo di significato.  Le immagini contenute nei messaggi, compreso il pixel di tracciamento, verranno scaricate dai proxy Apple prima dell’inoltro della posta agli utenti con conseguente impossibilità di rilevare la corretta apertura del messaggio e di effettuare la geolocalizzazione, tramite IP, del destinatario.
  • Attraverso una subscription a pagamento su iCloud, ogni cliente Apple Mobile potrà generare una email di comodo per registrarsi su un form. In questo modo la vera email del subscriber verrà offuscata al brand e di fatto risulterà inutile per le attività di marketing automation.
  • Grazie alla subscription a iCloud+ sarà possibile utilizzare una particolare VPN che impedirà di tracciare gli utenti di Safari e vedere a quali siti Web stanno inviando informazioni.

Se per gli ultimi due possiamo immaginare impatti relativamente bassi in conseguenza alla necessità di pagare il servizio, la prima restrizione rischia di rappresentare un punto di non ritorno per i marketer di tutto il mondo. 

Ma siamo sicuri che sia tutto così negativo? 

Proviamo prima di tutto a dimensionare gli impatti sul mercato italiano.

Come è evidenziato nella chart sottostante, in Italia il sistema operativo mobile e tablet più diffuso con il 73% del mercato è Android, con iOS che si attesta secondo a poco meno del 32%.

Tuttavia, a fronte di un predominio netto del sistema operativo di Google, corrisponde uno scenario significativamente diverso nell’utilizzo dei client email, come riportato nella chart sottostante.

Infatti, secondo una recente ricerca commissionata da Litmus, ad agosto del 2021 il client Apple Iphone (ovvero le email Apple su Mobile) si attestava al 38% del mercato globale, subito incalzato però da Gmail con il 35,6%, in crescita rispetto gennaio 2021 di ben 7 punti percentuali. 

Non abbiamo trovato dati riferiti alla diffusione dei client email in Italia ma se consideriamo che, sempre secondo StatCounter, la diffusione dei sistemi operativi nel Mondo corrisponde a quella italiana, possiamo immaginare che lo stato dell’arte sia simile. 

Risulta più semplice immaginare quali possano essere gli impatti sull’email marketing che le novità del iOS15 si portano dietro. 

Inoltre, diventa sempre più verosimile la probabilità che questo approccio diventi sistemico tra i BigTech portando gli altri player ad assumere atteggiamenti molto simili, forse persino più mirati a consolidare il proprio walled garden che non a proteggere la nostra privacy. Qualsiasi potrà essere la motivazione, per i marketer diventa quindi indispensabile ripensare completamente i propri paradigmi comunicativi, riflettendo attentamente sulla necessità di introdurre KPI sempre più qualitativi che quantitativi.

Quali saranno gli impatti del Mail Privacy Policy sulla vita di tutti i giorni dei marketer?

Consideriamo anzitutto le principali metriche che si utilizzano per misurare le performance di una campagna di email marketing :

  • Delivery Rate
  • Bounce Rate (hard/soft)
  • Open Rate
  • Click-Through rate
  • Conversion Rate

Il parametro che verrà influenzato maggiormente sarà l’Open Rate che, ad oggi, è il KPI maggiormente utilizzato, a torto o ragione, per misurare il successo di una campagna. 

Questo dato è già abitualmente influenzato da una serie di fattori tecnici incontrollabili che lo rendono in alcuni casi inaffidabile come, ad esempio, i falsi positivi, generati da client che pre-caricano le immagini, e i falsi negativi, ovvero coloro che leggono la posta senza scaricare le immagini. 

Per effetto del Mail Privacy Policy e del proxy Apple che scaricherà automaticamente le immagini, i falsi positivi, con il rilascio di iOS15, cresceranno in modo esponenziale influenzando negativamente, in base alla percentuale di utenti Apple Mail presenti nel vostro database, le vostre statistiche.

Come capire se il vostro database ha un problema con il nuovo MPP?

Uno dei metodi più semplici è verificare in tempo reale la percentuale di open rate. Se la vedrete schizzare verso l’alto entro qualche secondo dall’invio significa che un numero considerevole di vostri iscritti ha attivato le restrizioni. 

Anche i risultati degli A/B Test saranno influenzati da questo nuovo aspetto tecnico nonché  la capacità di segmentare il target e geolocalizzarlo attraverso l’IP di provenienza (parametro peraltro già effimero di suo). 

Altre vittime del MPP saranno le campagne di Marketing Automation che verranno influenzate dalle nuove restrizioni che renderanno più inaffidabili i workflow basati proprio sul parametro dell’open rate. 

Infine bisogna considerare le conseguenze sulla qualità generale della deliverability, ovvero la capacità di spedire le email ad un pubblico interessato, dato che fino ad oggi è stato ricavato sempre dal famigerato open rate. Ma se Apple ci comunicherà di default che tutti i suoi utenti Apple Email sono degli accaniti lettori delle nostre email, come faremo a distinguere quelli veramente interessati da chi neanche ha visto la nostra comunicazione e non ci sopporta più?

Cosa fare quindi per continuare ad essere dei bravi marketer digitali?

Di seguito riportiamo pochi ma fondamentali consigli :

  1. Dimensionare il problema. Come abbiamo visto prima, l’MPP potenzialmente impatta su una parte, seppur considerevole, del vostro database. Ma è consigliabile cercare di quantificare la percentuale dei vostri subscriber influenzati dalle nuove restrizioni per segmentarli e dare vita a campagne mirate.
  2. Rivedere i KPI e gli obiettivi. Sicuramente non potrete più fare affidamento sull’open rate, ma dovrete definire un nuovo set di marketing data in cui identificare i KPI e gli obiettivi. Per certo non potrete confrontare i dati pre MPP con quelli post.

    Tra i dati che la maggior parte delle piattaforme di marketing automation mettono a disposizione vi consigliamo di considerare un mix dei seguenti:
    • Clicks e Clicks Through rates: se il parametro dei clicks e dei clicks through è alto significa che state fornendo dei contenuti interessanti e che, naturalmente, i destinatari hanno aperto la email.
    • Traffico generato sulle pagine oggetto della campagna: attraverso l’utilizzo ad esempio degli UTM potete definire quale sia stato il ritorno di traffico effettivo della campagna
    • Clickmaps: le principali piattaforme di marketing automation, tra cui HubSpot, forniscono uno strumento che consente di vedere dove i destinatari hanno cliccato maggiormente nella email.
    • Unsubscribe: ovviamente minore sarà il tasso di cancellazione dalle vostre liste maggiore sarà l’interesse rispetto ai vostri prodotti e servizi.
    • Richiesta di informazioni e sondaggi: siate proattivi e richiedete esplicitamente dati qualitativi attraverso la partecipazione attiva dei vostri sottoscrittori. Questo tipo di dato è il più difficile da ottenere ma sicuramente quello più prezioso per la creazione di un vero rapporto one-to-one con il vostro pubblico.
  3. Ripulire costantemente il db. Come accennato precedentemente uno degli effetti assolutamente da scongiurare è un abbassamento della qualità del delivery, ovvero la percentuale di email che inviamo a persone che non sono interessate. Per fare questo è importante tenere il db pulito da contatti non attivi. Anche in questo caso può essere utile richiedere esplicitamente al destinatario dei nostri messaggi se è ancora interessato o meno a ricevere le nostre comunicazioni e nel caso di risposta negativa valutare la cancellazione. Meglio un db più piccolo ma di persone interessate che un elenco infinito di persone che in realtà ci ignorano.
  4. Aumentare la qualità dei contenuti. Gli impatti del MPP non si risolvono con i workaround ma proponendo sempre di più contenuti valoriali che consentano un coinvolgimento di qualità dei propri sottoscrittori. Bisogna rivedere dunque la qualità dei propri contenuti,  partendo da un’analisi approfondita dei vostri buyer personas e identificando i key messages capaci di trasmettere i vostri valori in risposta alle loro esigenze e alle loro paure.
  5. Rivedere le logiche di programmazione della campagne di marketing automation. Prima abbiamo detto che i workflow potranno essere influenzati dall’inaffidabilità della tracciatura. Per questo motivo bisognerà necessariamente rivedere quelli che prevedono trigger legati all’apertura o mancata apertura di un messaggio.
  6. Nel B2B mantenere la comunicazione attraverso la mail aziendale. La maggior parte delle email aziendali non viene gestita attraverso le email di Apple. Ne consegue che per le aziende operanti nel B2B diventa opportuno richiedere sempre che la sottoscrizione ai propri canali di comunicazione avvenga solo attraverso la mail aziendale, anche nel caso in cui questa decisione possa portare la perdita di un potenziale contatto.
  7. Tenersi continuamente aggiornati. indispensabile seguire le evoluzioni del MPP sia attraverso i canali ufficiali di Apple sia attraverso fonti alternative come il canale Twitter di Simon Harper, uno sviluppatore freelance di siti e-commerce che ha dato vita ad un documento Google Doc. tra i più dettagliati, aggiornati e seguiti sull’argomento e che potete consultare qui.

In definitiva possiamo ribadire che l’introduzione del MPP non è da considerarsi necessariamente un male ma, uno stimolo per cercare una nuova relazione valoriale con il proprio pubblico basata su contenuti di valore e soprattutto per creare una strategia di single customer view capace di aggregare i dati raccolti dai vari touchpoints e mettere i marketer nella condizione di fornire la risposta giusta al momento giusto. 

Siamo davanti ad un cambio radicale di paradigma comunicativo e solo con i dati utilizzati fino ad oggi non sarà possibile governare una customer journey sempre più complessa ed aggrovigliata bisogna approfittare di questa opportunità per fare il salto di qualità facendo leva sulla propria reputazione e sulla fiducia con il proprio pubblico. 

 

Fonti: Statcounter, Litmus

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